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Di quella volta che ho detto: chiudo o cambio

Di quella volta che ho detto: chiudo o cambio

L’ho raccontato al mio primo speech al WordPress meetup a Verona, ad Ottobre. Chiudo o cambio è la frase che mi sono ripetuta un pomeriggio di Novembre di 6 anni fa.

Lo ricordo come se fosse ieri: indossavo la mia maglia preferita, quella verde petrolio, ero in piedi, davo le spalle alla porta finestra del mio ex ufficio e guardavo la porta d’ingresso come se volessi uscire da un buco nero che mi stava inghiottendo da mesi e mesi.

In quella situazione ci ero finita solo ed esclusivamente per colpa mia. Non è la classica frase di una che si dà addosso quando è in una fase down della proprio vita.

 

Era colpa mia perchè da diverso tempo:

  • continuavo a fare lavori che non mi piaceva più fare
  • dicevo sempre sì ad ogni richiesta che ricevevo (anche per cose che non mi competevano)
  • accettavo lavori che impiegavano un enorme dispendio di energia, con pochissimo guadagno
  • navigavo alla giornata

 

Poi è successa la classica goccia che ha fatto traboccare il vaso, ho conosciuto il cliente peggiore dei peggiori: arrogante, sempre moroso e stalker.

E la colpa era sempre mia perchè non ho dato ascolto alla pancia (il mio termometro interiore) che mi sussurrava di non iniziare a collaborare con lui, ma mi sono lasciata invogliare dal progetto che mi ha proposto, per me nuovo e stimolante.

 

A quella frase Chiudo o Cambio ho risposto: Ok, cambio!

 

La riposta non è arrivata subito, come del resto il cambiamento che ne è seguito. Ho imparato che niente è tutto e subito (anche se la cosa mi sarebbe piaciuta moltissimo). Tu puoi decidere di cambiare subito, ma serve il tempo necessario per capire come farlo, come organizzarsi per ottenere i primi risultati.

 

Da quel famoso Novembre 2012 il cambiamento c’è stato ed è stato sempre graduale, mai da 0 a 100 in 2 secondi. Un passo alla volta e il primo che ho fatto è stato quello che mi ha salvata. Mi ha fatto respirare nuovamente.

 

Ho imparato a dire di no

A quei lavori che non desideravo più fare, che non facevano più per me o a quelle condizioni che non mi rispecchiavano più. Questa è stata la chiave di tutto. Io NON riuscivo a dire di no. Per me era impensabile dire: No, non posso fare quello che mi hai chiesto. Era scortese!

 

Quando cercavo di dire di no, mi rendevo conto di apparire arrogante o come se volessi giustificarmi di qualcosa. Nessuno di questi due casi mi rappresentava e così ho iniziato a dire no prendendo in prestito le parole di Alexandra Franzen, grazie al suo articolo: HOW TO SAY NO: Guidance, tips and email scripts for 8 common scenarios.

 

In questo articolo Alexandra fa 8 esempi di situazioni in cui imparare a dire no e lei ti propone una risposta per ogni esempio. Io l’ho chiamato il mio esercizio da Asilo, ma solo così sono riuscita a trovare le mie parole ed il mio modo per declinare quelle richieste che non facevano più per me, sempre in modo cortese, comprensivo e fermo.

 

Ti lascio anche questa frase di Mahatma Gandhi, per me verissima. L’ho stampata e l’ho anche appesa nella mia bacheca.

 

Un NO pronunciato che proviene da una convinzione profonda è meglio di un SI detto per soddisfare, o peggio, per evitare problemi.

 

Io ero quella che diceva sempre SI per evitare problemi. Ora non lo sono più, lavoro felice e i problemi li risolvi e li affronto con più entusiasmo.

E tu? Ti sei mai ritrovata in una situazione simile alla mia, in cui ti sei detta: chiudo o cambio? Raccontami, se ti va la tua esperienza.

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1 Comment
  • Pingback:Come ho fatto il sito - Paroladordine
    Posted at 12:00h, 22 Febbraio Rispondi

    […] Ecco, ho aperto partita Iva allo sbaraglio: altroché business plan e personal branding (questi sconosciuti, sempre in quegli anni). Infatti, poi le ho pagate tutte fino ad arrivare al punto di dirmi: “O chiudo o cambio” e ci ho scritto pure un articolo. […]

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